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Nel mondo della moda, il concetto di body inclusivity ha avuto alti e bassi nel corso degli anni. Recentemente, dopo un periodo in cui le modelle di taglia grande avevano guadagnato visibilità, l’industria sembra tornare a enfatizzare la magrezza come standard di bellezza. Questo cambiamento è emerso con chiarezza durante le ultime Fashion Week, dove le statistiche hanno rivelato una predominanza schiacciante di modelle molto esili.
Secondo un rapporto di Vogue Business, l’analisi delle sfilate di moda per la Primavera-Estate 2026 ha mostrato che ben il 97,1% dei look presentati in città come New York, Londra, Milano e Parigi è stato indossato da modelle considerate estremamente magre. Solo una piccola percentuale, pari al 2%, ha visto la partecipazione di modelle di taglia regolare e un misero 0,9% per quelle plus-size.
Questa tendenza preoccupante è stata sottolineata da esperti del settore, come Aude Perceval, un booker di Plus Agency, che ha notato una diminuzione significativa delle modelle di taglia grande, specialmente a Parigi. Nonostante la crescente accettazione di silhouette più morbide, come dimostrano gli abiti con corsetti, la realtà delle sfilate riflette un ritorno a canoni estetici che escludono una vasta gamma di corpi.
Il movimento body positive, emerso negli anni 2010, ha cercato di contrastare questa narrativa, promuovendo l’accettazione di corpi diversi e denunciando i danni causati dall’ideale di bellezza basato sulla magrezza. Tuttavia, sembra che l’industria della moda stia ripercorrendo sentieri già battuti, richiamando l’estetica degli anni ’90, nota come heroin chic, caratterizzata da modelle come Kate Moss.
Esther Boiteux, casting director, ha evidenziato come ci sia una percezione errata che associa la magrezza a un’idea di eleganza e status. Questo pregiudizio, unito alla disponibilità di farmaci per la perdita di peso come Ozempic, ha contribuito al ritorno di ideali di bellezza irrealistici.
Un altro aspetto cruciale è rappresentato dalla produzione degli abiti. Le collezioni di moda sono comunemente progettate per modelle di taglia standard, il che implica che per includere modelle di taglie diverse siano necessari tempi e risorse aggiuntive. Ekaterina Ozhiganova, modella e fondatrice dell’associazione Model Law, ha sottolineato come i consumatori siano favorevoli a vedere una maggiore varietà di corpi, ma che l’industria deve affrontare un cambiamento radicale nella produzione per rendere questa inclusività sostenibile.
Jeanne Friot, stilista francese, ha espresso l’importanza di rendere le passerelle un luogo in cui ogni individuo possa identificarsi. Secondo Friot, le sfilate dovrebbero riflettere una diversità più ampia, includendo taglie diverse, età, etnie e generi. La sua visione è quella di allontanarsi dagli ideali standardizzati e celebrare la pluralità dei corpi.
Nonostante il panorama attuale possa sembrare scoraggiante, ci sono segnali di speranza. La giornalista di moda Sophie Fontanel ha recentemente sottolineato l’importanza di far sentire la propria voce contro gli standard che la moda continua a imporre. La sua affermazione durante la Settimana della Moda di Parigi mette in evidenza la necessità di un dialogo aperto e di azioni concrete per promuovere un cambiamento significativo.
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