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Meritocrazia: la verità scomoda dietro il mito

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Diciamoci la verità: il concetto di meritocrazia è ampiamente sopravvalutato. Viene sostenuto che chi lavora sodo e si impegna raggiunge il successo, ma la realtà è meno politically correct.

Secondo uno studio del World Economic Forum, solo il 20% delle persone riesce a progredire nella carriera senza l’aiuto di reti sociali esclusive. Chi non possiede queste connessioni, rimane indietro, nonostante il talento e l’impegno.

Il re è nudo, e ve lo dico io: le statistiche indicano che il 70% delle posizioni di alto livello è occupato da persone provenienti da contesti privilegiati. Questo non implica che manchino persone meritevoli in quelle posizioni, ma il sistema è chiaramente sbilanciato.

Prendiamo ad esempio il settore tecnologico. Le aziende più innovative e ben remunerate tendono a reclutare da università di élite, escludendo talenti potenziali da istituti meno prestigiosi. So che non è popolare dirlo, ma il sistema non premia solo il merito, ma anche la provenienza.

La meritocrazia è un ideale che pochi riescono a raggiungere. La maggior parte delle persone è ostacolata da barriere invisibili e non si può ignorare questo fatto. È tempo di smettere di glorificare un concetto che, in realtà, serve solo a giustificare il privilegio.

Riflessione critica: è necessario considerare come il sistema possa diventare più equo e inclusivo. È fondamentale interrogarsi se si sia disposti a modificare le regole del gioco per il bene comune.

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