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Da quando la pandemia ha costretto milioni di lavoratori a rimanere a casa, il lavoro da remoto è diventato il mantra di aziende e dipendenti. Tuttavia, non tutti possono considerarlo la soluzione ideale.
Secondo uno studio condotto da Stanford, il 20% dei lavoratori che hanno sperimentato il lavoro da remoto hanno riportato un aumento significativo di stress e isolamento. Non tutti sono pronti a lavorare in un ambiente domestico. Inoltre, il 30% dei dipendenti ha dichiarato di sentirsi meno produttivo a casa rispetto all’ufficio.
La narrativa mainstream sostiene che il lavoro da remoto rappresenti la libertà assoluta. Tuttavia, molte persone soffrono di burnout, dovuto alla difficoltà di separare vita privata e professionale. Non si possono ignorare le implicazioni sul team building e sulle interazioni sociali, compromesse dalla mancanza di contatto diretto. Le aziende che credono che il lavoro da remoto risolva tutti i problemi trascurano questi dati.
Il re è nudo, e ve lo dico io: il lavoro da remoto potrebbe non essere la panacea per tutti. Potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, capace di aumentare la produttività solo in alcuni casi, mentre in altri crea un terreno fertile per lo stress e l’isolamento.
La prossima volta che si legge un articolo che celebra il lavoro da remoto come il futuro del lavoro, è opportuno chiedersi: è davvero così? Oppure si sta cercando di adattarsi a una nuova realtà senza considerare le conseguenze a lungo termine?
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