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Riflettono il gusto del momento, insieme ad ansie, ambizioni e vanità collettive. Osservandole nel tempo, dalle cornici dorate alle luci LED diffuse, si intravede un filo che attraversa secoli di cambi di umore, anche se non in modo lineare. Non si tratta solo di estetica: rappresentano un modo diverso di intendere il tempo libero. Oggi prevale il tentativo di cucire addosso l’esperienza invece di ostentare. Questo approccio può funzionare di più o di meno, a seconda di chi entra e di cosa cerca.
I fasti (e qualche eccesso) dell’aristocrazia ottocentesca
Ottocento: sfarzo senza remore. Stucchi dorati, velluti che inghiottono la luce, lampadari di cristallo come piogge congelate. La regola non scritta era impressionare e, allo stesso tempo, ricordare a tutti chi comandava. Il design puntava al colpo d’occhio immediato, quasi teatrale, con una logica non lontana da certe macchine da intrattenimento; qualcuno oggi direbbe, slot. La Scala di Milano, l’Opéra di Parigi… nomi ancora oggi rappresentativi, non solo per memoria storica. Lì l’artigianato locale si faceva manifesto politico e insieme bellezza. L’esperienza cominciava prima ancora che si alzasse il sipario, già sul marciapiede tra carrozze e sussurri.
L’industrializzazione cambia tutto
Con fabbriche, treni e nuove folle, il lusso lentamente comincia ad aprirsi al pubblico emergente. Le sale si allargano, si moltiplicano e diventano più democratiche, anche se non ancora accessibili a tutti. La tecnologia industriale offre materiali meno costosi e finiture che imitano la ricchezza preesistente, con risultati variabili. Intanto il cinema si afferma, la couture osserva e si avvia un dialogo estetico tra palcoscenico e passerella. In questa fase il lusso cambia pelle: assume un ruolo di segnale culturale più che di status immobile. Non c’è una rivoluzione netta, ma un assestamento con numerose contraddizioni.
L’epoca dorata di Hollywood
Ventesimo secolo: il glamour diventa modello di riferimento. I cinema si trasformano in templi, con scalinate che appaiono come grandi destinazioni. Architettura e spettacolo si alternano, si imitano e a volte si fondono. In molte sale storiche di New York o Los Angeles sembra di stare su un set, tra scenografie permanenti e luci che creano atmosfere con colori saturi e calcolati. Tutto è pensato per accendere la sensazione di far parte, per due ore, di un sogno collettivo. Si tende spesso ad idealizzare quell’epoca. Tuttavia, l’idea che il lusso potesse essere esperienza e non solo oggetto, si afferma proprio in quel periodo.
La rivoluzione contemporanea
Negli ultimi anni, complice anche una pandemia che ha accelerato cambiamenti in atto, le sale di pregio vengono ripensate come organismi flessibili. L’attenzione si concentra non più solo sulla bellezza ma anche sull’utilità, comodità e adattabilità. Illuminazione intelligente, acustica digitale, sedute che accolgono senza risultare costrittive. Materiali innovativi, vetri che filtrano, metalli lavorati con precisione: la decorazione passa in secondo piano a favore della performance dell’ambiente. Personalizzazione è la parola chiave, anche se rischia di diventare un mantra vuoto. Ergonomia e una nuova etica orientata alla sostenibilità si impongono come parametri di misura di un lusso che non vuole più essere eccessivo. Tuttavia, nei cantieri, la coerenza tra questi principi e la realtà non risulta sempre totale.
Il futuro è già qui
L’equilibrio tra tradizione e innovazione viene raggiunto solo in alcuni casi. L’obiettivo è scolpire ricordi più che stupire a ogni costo. La tecnologia è presente, spesso nascosta come dovrebbe, e si integra con elementi storici reinterpretati: una chaise longue che funge da elemento funzionale oltre che decorativo; un foyer che si trasforma da spazio per concerti a luogo di conferenze. Questo nuovo lusso si misura sulla qualità dell’esperienza più che sulla quantità di ornamenti. Resta un interrogativo sulla direzione: adattarsi agli utenti o guidarli verso altro? Forse la vera eleganza sta nel lasciare spazio al pubblico perché scelga come vivere lo spettacolo.

